Cass., sez. lavoro, 4 aprile 2011, n. 7645
Il sig. Xxxx ha stipulato più contratti di lavoro a tempo
determinato con Poste italiane come portalettere e ha chiesto che venisse
accertata la nullità del termine, sin dal primo contratto. Il Tribunale di
Pistoia ha dichiarato nulla la clausola apposta al primo contratto,
mentre la Corte d’appello di Firenze ha ritenuto tale clausola
legittima, accertando la nullità della clausola apposta al successivo contratto
a tempo determinato e dichiarando che tra le parti era in atto un rapporto di
lavoro dalla data della seconda stipula. Condannava Poste italiane al pagamento
delle retribuzioni maturate dalla data di offerta della prestazione alla
effettiva riammissione in servizio. Poste italiane ricorreva in Cassazione.
La Cassazione ha affermato che l’unica limitazione
imposta alla contrattazione collettiva dalla l. n. 56/1987 era quella di
stabilire il numero percentuale dei lavoratori a termine rispetto ai lavoratori
a tempo indeterminato; limitazione che funge da contrappeso agli ampi poteri
assegnati alla stessa contrattazione, perché a fronte del sistema di
tassatività previsto dalla l. n. 230/1962, la normativa del 1987
ha mostrato di volere procedere ad una significativa inversione di tendenza
per avere, appunto, assegnato all’autonomia sindacale il compito di individuare
ipotesi di contratti a termine ulteriori rispetto a quelle previste per legge.
Relativamente alla prova dell’osservanza della percentuale dei lavoratori da
assumere a termine rispetto ai dipendenti impiegati dall’azienda con contratto
di lavoro a tempo indeterminato, il relativo onere è a carico del datore di
lavoro, in base alla regola esplicitata dalla l. 18 aprile 1962, n. 230, art. 3
secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l’obiettiva esistenza delle
condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto.
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