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mercoledì 23 maggio 2012

Contributo unificato: i chiarimenti del Ministero della Giustizia

In allegato la nota datata 11 maggio 2012 emanata dal Ministero della Giustizia con l'intento di fare chiarezza su alcuni punti controversi in tema di contributo unificato.

Gran parte della circolare si sofferma sul contributo previsto per i procedimenti in materia di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatoria.

Mi limito ad evidenziare alcuni aspetti rilevanti:

- i procedimenti in materia previdenziale e assistenziale scontano contributo in misura fissa e minima;
- i procedimenti di opposizione all'esecuzione e di opposizione agli atti esecutivi sono soggetti a contributo anche se in materia di lavoro;
- i procedimenti di esecuzione immobiliare e mobiliare di sentenze di lavoro sono esenti da CU;
- esenti anche le azioni nei procedimenti fallimentari (come l'insinuazione o l'opposizione allo stato passivo) se in materia di lavoro;
- l'esenzione fiscale non compete alle persone giuridiche a prescindere dal reddito ma solo alle persone fisiche;
- nel caso di ricorso per decreto ingiuntivo e/o di opposizione successiva, il CU si riduce alla metà una sola volta.

La circolare a questo link.

sabato 12 maggio 2012

TRIBUNALE DI NAPOLI: COSTITUZIONE RSA PER SINDACATO NON FIRMATARIO DI CCNL



Con ordinanza del Giudice Sarracino del 12 aprile 2012, la sezione lavoro del Tribunale di Napoli, nel giudizio Magneti Marelli / CGIL FIOM, ha affermato:

...Tanto premesso, evidenziato ancora una volta come la C. Costituzionale nei percorsi argomentativi delle sentenze citate sottolinei come ciò che deve rilevare ai fini dell’applicazione della norma in esame sia l’effettività dell’azione sindacale e la rappresentatività dello stesso, deve quindi ritenersi che il dato formale della sottoscrizione del contratto collettivo, come si è già innanzi affermato, non è che un mero indice sintomatico di tale effettività, con la conseguenza che una interpretazione della norma congruente con il sistema e tale non ingenerare aporie impone che essa sia interpretata nel senso che il dato materiale della sottoscrizione non è però necessario quando l’effettività dell’azione si manifesti in altro modo.
Nel caso di specie, come peraltro, nella sostanza incontestato tra le parti, l’associazione sindacale ricorrente si è seduta al tavolo delle trattative (cfr. pagg. 11 et ss. della stessa memoria di costituzione della resistente), ha effettivamente partecipato alla dialettica prenegoziale, assumendo indi la posizione di netto rifiuto di addivenire alla stipula ed indi sottoscrivere il contratto collettivo.
Afferma ancora parte resistente che – proprio in conseguenza di tale rifiuto- e pertanto della mancata sottoscrizione del contratto collettivo parte ricorrente avrebbe perso i diritti di cui al titolo III.
In tale affermazione, ancora una volta, si palesa l’impossibilità di lettura della norma nel senso letterale proposto dalla resistente, atteso che di fatto l’art. 19 imporrebbe una coartazione della volontà della parte sindacale di addivenire alla stipula dovendo la stessa valutare, all’atto del rifiuto di addivenire all’accordo, il rischio di vedere la negazione dei diritti di cui al titolo III.
E’ allora -se è vero che solo quei sindacati che dimostrino effettività dell’azione sindacale- possono godere dei diritti di cui al titolo III, è pur vero che detta effettività si può palesare anche nella partecipazione alla dialettica delle parti ai fini della stipula del contratto, pur nelle ipotesi in cui una delle associazioni sindacali che siede al tavolo delle trattative ritenga poi di non poter stipulare il contratto collettivo, non sottoscrivendolo.
Ogni altra lettura della norma in esame è incoerente con il sistema e la ratio della stessa ed imporrebbe a questo giudicante di valutare la sottoposizione della questione alla Corte Costituzionale; la lettura dell’art. 19 dello Statuto offerta da parte resistente comporta una vera e propria mortificazione dei diritti sindacali, consentendo, in ipotesi, al datore di escludere dalla dialettica sindacale e dal godimento dei diritti di cui al titolo III tutte quelle associazioni sindacali che -benché dotate di effettività nell’azione sindacale- non addivengano alla stipula di contratti ritenuti iniqui, valorizzando e consentendo, invece, il godimento di suddetti diritti alle associazioni sindacali che abbiano sottoscritto l’accordo.

venerdì 11 maggio 2012

"SINDACO COME 'DATORE DI LAVORO' PER I REATI DA MANCATA SICUREZZA"-Cass.Pen. 15206/2012


La definizione di datore di lavoro contenuta nell’articolo 2 del decreto legislativo n. 81 prima citato, dà esclusivo rilievo al mero requisito dell’organizzazione delle attività insieme all’esercizio dei poteri decisionali e di spesi che ineriscono tale organizzazione.
Nella seconda parte l’articolo 2 si occupa della definizione di datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni individuandolo con l’organo di direzione politica. Quest’ultimo, poi, eventualmente, individuerà il dirigente o il funzionario non dirigente al quale si attribuirà la qualifica di “datore di lavoro”. (Si veda, sul punto, Cass. 35137/2007).
Si specifica che, in caso di omessa individuazione dell’organo politico, “la qualifica di datore di lavoro continuerà a coincidere con l’organo di vertice medesimo, quindi il Sindaco.”

CONGEDI PARENTALI: CRITERI DI CALCOLO


La lavoratrice è una dipendente di una banca che aveva deciso di fruire, durante il periodo di maternità, ex art. 32 del d. lgs. n. 51 del 2001, di un congedo parentale frazionato.
La lavoratrice, cioè, aveva deciso di assentarsi dal lavoro dal lunedì al giovedì e di rientrare in azienda solo il venerdì.
Tutto è proseguito bene, sino a quando ella si è accorta che la banca conteggiava nei giorni di congedo parentale anche le giornate di sabato e domenica e che, quindi, nell'arco di ogni mese, le venivano decurtati più giorni di quelli che effettivamente fruiva.
La lavoratrice, convinta che l'interpretazione fatta propria dalla banca non rispettasse i propri diritti, ricorreva al giudice del lavoro, che, nel confermare il provvedimento in precedenza emesso a seguito di un ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., accoglieva la domanda, procedendo al ricalcolo delle giornate di congedo parentale effettivamente fruite ed al riconoscimento delle ulteriori giornate alla stessa spettanti, con conseguente pagamento delle relative differenze.
Il giudice di prime cure osservava, infatti, che, nel caso di settimana lavorativa inferiore ai cinque giorni lavorati, il sabato e le festività dovevano essere considerate nel periodo di congedo solo nel caso in cui non vi fosse stata, subito prima o subito dopo, una ripresa effettiva lavoro.
La corte di appello, ritualmente adita, confermava le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado.
Non datasi per vinta, la banca decideva di ricorrere alla Suprema Corte, la quale, però, ancora una volta dava piena conferma al ragionamento fatto proprio dai giudici di merito.
Sul punto la sezione lavoro ha avuto modo di ribadire che:
- il congedo parentale è un diritto potestativo di astenersi dalla prestazione lavorativa altrimenti dovuta;
- il diritto al congedo parentale può essere esercitato dal genitore-lavoratore al fine di garantire, con la propria presenza, il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia;
- la fruizione del congedo parentale si interrompe allorché il lavoratore rientra al lavoro e ricomincia a decorrere dal momento in cui lo stesso riprende il periodo di astensione;
- i giorni festivi che ricadono interamente nel periodo di fruizione del congedo parentale vengono computati nell'ambito dei giorni di congedo;
- mentre i giorni festivi che non ricadono nel periodo di congedo parentale non sono computabili come giorni dì fruizione del congedo stesso;
- nel caso di congedo parentale fruito dal lunedì al giovedì, l'interruzione dello stesso si realizza con il rientro al lavoro nel quinto giorno della settimana (il venerdì), mentre la ripresa della fruizione del congedo è a partire dal lunedì successivo;
- in tal caso il sabato e la domenica sono esclusi dal periodo di congedo parentale, in quanto non ricompresi in una frazione unitariamente fruita;
- il diverso computo del congedo parentale frazionato per il lavoratore che scelga, come nel caso di specie, di rientrare al lavoro nella giornata del venerdì, rispetto a quello che scelga di rientrare in altro giorno della settimana, per esempio il giovedì, con un trattamento sicuramente peggiorativo, in questo caso, rispetto al primo, non comporta una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di parità di trattamento, dal momento che il diverso computo dei giorni di congedo è strettamente correlato a modalità di fruizione dello stesso, liberamente e consapevolmente scelte dal prestatore di lavoro.
* * *
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 febbraio - 4 maggio 2012, n. 6742
Presidente Lamorgese – Relatore Di Cerbo

giovedì 3 maggio 2012

LICENZIAMENTO PER SOPRAVVENUTA INIDONEITA' DEL LAVORATORE - VALENZA PROBATORIA DI LUL E LIBRO MATRICOLA

Riporto il passo saliente della sentenza di cui di seguito. 

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 febbraio – 26 aprile 2012, n. 6501
...3.5.- Le suddette statuizioni risultano conformi ai consolidati e condivisi indirizzi di questa Corte secondo cui:
a) nel caso in cui per la sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, venga intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per stabilire se la suddetta motivazione del recesso sia autentica, è necessario effettuare un accertamento congruo delle condizioni di salute del lavoratore, in quanto il licenziamento si può giustificare soltanto come soluzione estrema (arg. ex Cass. 20 maggio 2009, n. 11720; Cass. 27 marzo 2010, n. 7381);
b) la sopravvenuta inidoneità fisica e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso, non possono essere ravvisate nella sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore e restano escluse dalla possibilità di svolgere un'altra attività riconducibile alle mansioni assegnate o ad altre equivalenti ovvero, qualora ciò non sia possibile, a mansioni inferiori, sempre che questa attività sia utilizzabile all'interno dell'impresa, senza alterazioni dell'organigramma aziendale (Cass. 18 aprile 2011, n. 8832; Cass. 6 novembre 2002, n. 15593; Cass. 13 ottobre 2009, n. 21710);
c) è a carico del datore di lavoro l'onere di provare, con riferimento alla organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento e anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva (Cass. 20 maggio 2009, n. 11720; Cass. 27 marzo 2010, n. 7381);
d) il datore di lavoro ha l'onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte; tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell'accertamento di un possibile repechage, mediante l'allegazione dell'esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l'onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti (Cass. 8 febbraio 2011, n. 3040);
e) inoltre, può concorrere a provare la mancata effettuazione di altre assunzioni nel periodo seguente il licenziamento per le medesime mansioni già assegnate al lavoratore licenziato anche l'esibizione da parte del datore di lavoro del libro matricola, se completo e tenuto in conformità con la legge (arg. ex Cass. 8 marzo 2011, n. 5512; Cass. 26 gennaio 1984, n. 624).
3.6.- A tale ultimo riguardo, deve essere precisato che i libri contabili che il datore di lavoro privato è obbligato a tenere (cioè il libro paga e il libro matricola previsti dagli artt. 20 e 21 del d.P.R. 30 giugno 1965, n, 1124, sostituiti, con decorrenza 10 febbraio 2012, dal libro unico del lavoro, di cui all'art. 39 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) sono formati dallo stesso datore di lavoro.
Ciò implica che i dati in essi contenuti hanno una diversa efficacia probatoria a seconda del contesto in cui si utilizzano, cioè in particolare se a favore o contro il datore di lavoro.
Se la loro utilizzazione avviene in favore del datore di lavoro, non solo la tenuta dei libri deve risultare regolare e completa, ma le registrazioni in essi contenute (di cui, ad esempio, si voglia giovare il datore di lavoro per dimostrare il numero complessivo e la qualifica dei dipendenti occupati) possono essere validamente contestate dalla controparte, con eventuali contrari mezzi di difesa o semplicemente con specifiche deduzioni e argomentazioni dell'avvocato, che ne dimostrino l'inesattezza e la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice (arg. ex Cass. 18 luglio 1985, n. 4243; Cass. 29 maggio 1998, n. 5361; Cass. 1 ottobre 2003, n. 14658).
Nel libro matricola, in particolare, devono essere “iscritti, nell'ordine cronologico della loro assunzione in servizio e prima dell'ammissione al lavoro, tutti i prestatori d'opera” (vedi art. 20 del d.P.R. n. 1124 del 1965 cit.).
Nella specie, il ricorrente non riferisce di aver contestato in modo efficace le risultanze del libro matricola esibito dalla società IHG, ma sostiene apoditticamente e senza supportare adeguatamente il suo assunto in questa sede, con il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - che le mansioni in concreto svolte da uno dei neoassunti (il P. ) sarebbero state diverse da quelle indicate nel libro matricola stesso.
Ne consegue che, per questo profilo, la censura è inammissibile.


Licenziamento del lavoratore affetto da malattia


SEZIONE LAVORO
23 FEBBARIO 2012, N. 2720
LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO – OBIETTIVO.
Licenziamento del lavoratore affetto da malattia psichica transitoria - Pericolo di recidiva - Rilevanza per la sicurezza in azienda - Valutazione da parte del giudice dell’impugnativa - Necessità - Conseguenze.
Nel valutare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, intimato dal datore di lavoro per carenza di interesse alla prestazione di un lavoratore affetto da malattia psichica transitoria, ma esposta al pericolo di recidiva, il giudice deve accertare se il mantenimento del lavoratore nelle originarie mansioni sia compatibile con la sicurezza della struttura aziendale, del personale che vi si trova e dei terzi che vi accedono, nonché, in caso di esito negativo di tale verifica, se esistano presso l’azienda mansioni diverse che, nei limiti di legge, possano essere assegnate al lavoratore, onde conservargli il posto di lavoro; pertanto, è carente la motivazione della decisione di merito che escluda la sussistenza del giustificato motivo oggettivo unicamente sulla base della natura regredibile dell’infermità psichica del lavoratore.
In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, secondo Cassazione 15500/2009 non si realizza un’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (artt. 1 e 3 della legge 604/1966 e artt. 1463 e 1464 cc) qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore, e dall’altro, l’adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall’interesse dello stesso lavoratore. Ne consegue che, nel caso in cui il lavoratore abbia manifestato, sia pur senza forme rituali, il suo consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore di lavoro è tenuto a giustificare l’eventuale recesso, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure tecniche per porsi in condizione di cooperare all’accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità, che vada oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge. L’onere della prova circa l’impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni diverse spetta al datore di lavoro, ma deve, in ogni caso, tenersi conto dei concreti aspetti della vicenda e delle allegazioni del dipendente attore in giudizio.

martedì 1 maggio 2012

Spese di giustizia: Il nuovo contributo unificato dal gennaio 2012 – la domanda riconvenzionale e la chiamata in causa – Regime transitorio


Sottopongo a tutti un articolo pubblicato sulla rivista "diritto.it" volto a sostenere le tesi normalmente addotte dagli uffici giudiziari al fine di richiedere il pagamento per intero del contributo unificato per le "nuove domande" proposte dopo il 1° gennaio 2012 in procedimenti già in precedenza pendenti.


Le osservazioni formulate non mi sembrano superino i rilievi critici evidentissimi da me già esposti e da molti Colleghi ugualmente sostenuti, non certo (solo) per interessi di categoria. 
Anzi, è evidente che le posizioni assunte dai dirigenti degli uffici giudiziari sono di gran lunga più sottoposte a condizionamenti, essendo a tutti ben note le responsabilità amministrative, contabili e disciplinari gravanti sui cancellieri e sui loro diretti superiori in tema di spese di giustizia (meglio far pagare, poi si vede...).
Così come, prima ancora, è evidente che il nuovo aggravio e la sua erronea interpretazione siano animati non certo da un superiore interesse ad una giustizia efficiente, ma solo da una assetata ed ormai incontrollabile necessità di fare cassa e, in questo modo, di ridurre anche il contenzioso ed il lavoro per gli addetti tutti (o, forse, al contrario...).
Penso che il sistema per ridurre il contenzioso (oltre a riforme concrete e non astratte e ad una loro effettiva applicazione) sia lavorare tutti (avvocati inclusi, pur se non stipendiati dallo Stato) meglio e di più, non certo frapporre ostacoli di ogni tipo all'accesso alla giustizia. 


In ogni caso, proprio per onestà intellettuale, riporto anche la posizione contraria rispetto a quella da me, e da tanti altri Colleghi, espressa. 

In caso di insufficiente e/o mancante pagamento, del contributo unificato l’ufficio giudiziario procede all’invito bonario ex articoli 16, 247 e 248 DPR 30 maggio 2002 n 115 (T.U. spese di giustizia ) in conformità alle direttive ministeriali 1
Le recenti normative in materia di contributo unificato, e quella di cui all’articolo 28 legge 183/2011 in particolare, hanno sollevato non poche perplessità e divergenze interpretative.
Le contestazioni sollevate, in questo periodo, dalle parti processuali a cui viene richiesto, in applicazione delle nuove disposizioni normative 2, un nuovo pagamento, nel caso di domanda riconvenzionale o intervento autonomo, vengono motivate :
a) nella violazione dell’articolo 11 preleggi ai sensi del quale “la legge nondispone che per l’avvenire” sicchè in assenza di norma espressa di segno opposto la disposizione di cui all’articolo 28 legge 183/2011 troverebbe applicazione ai procedimenti instaurati a far data dell’ 01.01.2012;
b) nella errata interpretazione dell’articolo 28, comma 3, legge 183/2011 nella parte in cui prevede che  la disposizione di cui al comma 1 lettera a) siapplica anche alle controversie pendenti”.
Da più parti viene evidenziato come la disposizione di cui al comma 1 lettera b) non potrebbe trovare applicazione ai procedimenti 

già pendenti al momento dell’entrata in vigore della norma in applicazione del principio romanistico <ubi voluit
dixit >;

anche in considerazione del fatto che il diritto a proporre domanda riconvenzionale era già sorto precedentemente alla data dell’1 gennaio 2012 per i procedimenti iscritti prima di tale data e quindi la disciplina applicabile è quella in vigore precedentemente;

Concludendosi che l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 28 L 183/2011 anche ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore determinerebbe una illegittima disparità di trattamento tra chi, nella identica situazione, propone domanda riconvenzionale antecedentemente o successivamente all’1.01.2012;
c) infine ed in via generale viene anche richiamata l’attenzione al fatto che anche il testo unico spese di giustizia nel suo impianto originario prevedeva l’applicazione delle norma sul C.U. unicamente ai procedimenti successivamente instaurati pur prevedendo la possibilità di optare volontariamente per l’applicazione delle nuove norme per i procedimenti già pendenti.
L
e argomentazioni addotte e tendenti alla contestazione degli inviti bonari, per come motivati, non possono trovare accoglimento.
1) In relazione all’eccepita violazione dell’articolo 11 preleggi si evidenzia come la normativa in oggetto si applichi a situazioni, presentazione della domanda riconvenzionale, intervento, chiamat
a in causa, che si vanno a determinare in vigenza della nuova normativa3
Ai sensi del punto 1 articolo 14 T.U. spese di giustizia,
la parte che perprima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovveroche, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza perl’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato”
Appare in linea con i principi normativi che l’importo pagato nell’instaurazione del giudizio, la c.d. iscrizione a ruolo, viene cristallizzato al momento introduttivo del procedimento della causa e non possa essere modificato da normativa successiva.
Ma il testo unico spese di giustizia, anche prima della modifica operata dall’articolo 28 legge 183/2011, prevede un ulteriore, e diverso, contributo unificato,4 che sorgeva, e sorge, al determinarsi di specifiche situazioni processuali, contributo unificato che è autonomo, e diverso, rispetto al contributo pagato al momento dell’iscrizione del procedimento.
Da ricordare che già prima dell’entrata in vigore del testo unico spese di giustizia5 il decreto legge 28/20026, che disponeva il pagamento del nuovo diritto di iscrizione, aveva , rispetto alla previsione iniziale,7 aumentato il novero dei soggetti tenuti all’integrazione del 

contributo unificato in corso di causa
. 8

Ai sensi dell’ articolo 14, comma 3, prima della modifica operata dall’articolo 28 legge 183/2011, nel momento in cui la parte “modifica la domandao propone domandariconvenzionale o formulachiamata in causa o svolgeintervento autonomo, cuiconsegue l’aumento del valoredella causa, è tenuta a fareespressa dichiarazione e aprocedere al contestuale 

p
agamento integrativo”.
La nuova normativa in materia ha mantenuto l’ipotesi modificandola con previsione di diversi e nuovi importi (integrazione del contributo o autonomo contributo)
.

L’ articolo 14 punto 3. per come modificato 9, infatti non fa altro che rimodulare la previgente disposizione prevedendo che
:

la parte di cui al coma1 quando modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formulachiamata in causa, cui consegue l’aumento del valore della causa, è tenuta afarne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamentointegrativo. Le altre parti quando modificano la domanda o propongonodomanda riconvenzionale o formula chiamata in causa o svolgono interventoautonomo, sono tenute a farne espressa dichiarazione e a procedere alcontestuale pagamento di un autonomo contributo unificato determinato inbase al valore della domanda proposta”
.
Tale innovazione risulta nella volontà
[...]del legislatore più rispondente alle regole generali sulla competenza dettate dal codice di procedura civile, secondo le quali il valore di una causa si determina dal valore complessivo delle richieste di ciascuna delle parti ( articolo 10 c.p.c).10
Si ha oggi quindi un ulteriore, rispetto a quello dovuto all’atto dell’introduzione della causa, ed autonomo contributo unificato che sorge al determinarsi delle situazioni previste dalla nuova normativa.
Ove trovasse fondamento quanto eccepito dalle parti private dal momento dell’iscrizione del procedimento nessuna novità normativa, di natura tributaria in specie, potrebbe trovare applicazione nello stesso.
Ma non risulta essere così.
Come visto già in vigenza della previgente normativa, in caso di domanda riconvenzionale o intervento in causa, il pagamento del contributo unificato non rimaneva ancorato agli importi stabiliti e dovuti al momento dell’iscrizione della causa, ma ha sempre trovando applicazione l’ importo per come dovuto, e quantificato, al momento del deposito della domanda riconvenzionale e/o intervento autonomo.
Stessa disciplina riguarda i continui aumenti operati in materia di rilascio delle copie.
Gli aumenti e/o le nuove previsioni di pagamento, sia che si tratti di contributo unificato dovuto in corso di causa, sia che si tratti di diritti di copia hanno operato ed
operano in virtù del principio <
Tempus regit actum>, principio che non può non trovare piena applicazione alle fattispecie per come ora previste nella nuova formulazione dell’articolo 14 T U spese di giustizia.

Da ultimo stante la natura fiscale del contributo unificato eventuali ipotesi di esenzione dal pagamento devono essere specificatamente previste
 11 .

2) priva di fondamento, a parere dello scrivente, l’inapplicabilità della nuova disciplina ex articolo 14 TU spese di giustizia nella proposizione di domanda riconvenzionale nei procedimenti già pendenti stante l’eccepita previsione di cui al punto 3 dell’articolo 28 L 183/2011 ai sensi del quale
  la disposizione di cui al comma 1 lettera a) si applica anche alle controversie pendenti” .

L’espressa indicazione
c
he
  la disposizione di cui al comma 1 lettera a) si applica anche alle controversie pendenti chiaramente non  indica che la disposizione di cui al comma 1 lettera b) non debba trovare applicazione ai  procedimenti già pendenti al momento dell’entrata in vigore della norma  applicando il principio romanistico < ubi voluit dixit >
La normativa richiamata dalla lettura complessiva del testo dell’articolo 28 legge 183/2011 chiaramente disciplina, con riferimento alle controversie pendenti
solo la situazione relativa alle impugnazioni e ai ricorsi per Cassazione, per soddisfare la necessità avvertita dal legislatore di non prevederne una applicazione generalizzata, ma limitare il nuovo regime fiscale delle impugnazioni e dei ricorsi in Cassazione ai casi di pubblicazione o (nei casi di mancata previsione della pubblicazione) del deposito del provvedimento impugnato dopo la data di entrata in vigore della legge.
Negli altri casi appare, al contrario , pacifica l’applicazione del principio generale tempus regit actum e ad esso occorre inevitabilmente attenersi, secondo principi generali.12
Sulla eventuale “ disparità di trattamento” tra chi nella identica situazione propone domanda riconvenzionale antecedentemente o successivamente all’01.01.2012, questa è generalmente una normale e diretta conseguenza della normativa quando interviene a regolamentare situazioni già in atto.
Sull’eccepita “illegittimità” nulla da dire non rientrando tra i compiti dello scrivente quelli relativi alla valutazione sulla legittimità o meno di un atto normativo.
3) da ultimo un breve, per ragione di completezza, esame dell’eccezione di eventuale opzione tra vecchia e nuova disciplina.
L’impianto originario del contributo unificato13 prevedeva l’applicazione delle norme unicamente ai procedimenti successivamente instaurati concedendo, alle parti, la possibilità di optare volontariamente per l’applicazione delle nuove norme 

per i procedimenti già pendenti.
14

Tale scelta veniva concessa dal legislatore per le peculiarità proprie del contributo unificato.
15
Tale possibilità è stata riportata e prevista dalla
disciplina transitoria ex art 265 T.U. spese di giustizia.( DPR 115/02)
Ai sensi dell’articolo 265 infatti per i procedimenti iscritti a ruolo o ricorsi depositati prima del 1/3/2002 una delle parti poteva avvalersi della disciplina del “contributo Unificato” 16.

Se la parte non si avvaleva di tale facoltà, per le vecchie cause rimaneva, e rimane per quelle ancora pendenti, in vigore la disciplina antecedente al contributo unificato.
17

Ciò voleva, e vuole, dire che per i procedimenti per i quali non si era esercitata l’opzione si continuavano, e si continuano, a riscuotersi i diritti di cancelleria.
 18

In sintesi si continuava a percepire, e si percepisce per le procedure ancora pendenti, i diritti di cronologico, fascicolazione, registrazione, la marca scambio ecc
.

E si pagava, e si continua a pagare, sugli atti, comparse o note, l’imposta di bollo, non nell’importo dovuto al 1 luglio 2002 ( entrata in vigore del testo Unico spese di giustizia) ma negli importi dovuti al momento del deposito dell’atto (quindi pagando gli aumenti che si sono avuti negli anni)
.

Ma tale opzione per espressa disposizione normativa era limitata ai soli procedimenti iscritti al marzo 2002
.

Pubblicato in: DIRITTO.it -  Diritto processuale civile il  19/04/2012
Autore:




1
 ministero Giustizia n 2 del 12 marzo 2002, n 3 del 13 maggio 2002, n 49395/U del 3 aprile 2008, n m_dg_DAG 15/02/2007.0020047.U, n m_.DAG.08/04/2008.0049295.U, Agenzia delle Entrate - Direzione Normativa e contenzioso – risoluzione n 242/E del 7 settembre 2007,

2 articolo 14 T.U., punto 3, spese di giustizia, per come modificato dall’articolo 28 legge 12 novembre 2011 n 183,

3
 dal 1 gennaio 2012

4 L’articolo 14 individua le ipotesi cui il contributo è dovuto nel corso del procedimento “ dalla relazione illustrativa del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia

5 D.P.R. 115/2002

6 Convertito con modificazioni nella legge 10 maggio 2002 n 91

7 Legge 488/99

8 Prima l’ipotesi era limitata alla modifica della domanda poi la fattispecie è stata estesa alla domanda riconvenzionale, all’intervento autonomo e alla chiamata in causa.

9 Articolo 28 legge 12 novembre 2011 n 183

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 Vedasi in proposito commento all’articolo 14 dalla relazione illustrativa del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.

11 Circolare Min. Giustizia 20 aprile n 056105/U e Cassazione sez. trib., sentenze n 4611/02 e n 5270/09

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 la disposizione di cui al terzo comma (applicabilità anche alle controversie pendenti) èriferita alle ipotesi di cui al comma 1 lettera a) che modifica l’articolo 13 TU spese di giustizia introducendo il comma 1 bis che prevede il pagamento del contributo unificato aumentato della metà in caso di impugnazione e raddoppiato in caso di ricorso in cassazione. Il richiamo di cui al comma 3 dell’articolo 28 legge 183/2011 nulla ha quindi a che fare con il pagamento a seguito di domanda riconvenzionale, come per il caso in oggetto, dovuto in virtù della modifica operata al 3 comma dell’articolo 14 Testo Unico spese di giustizia.

13 Norma transitoria dell’articolo 9, comma 1, legge 488/99.

14 Circolare ministero della Giustizia n 5/2002 dell’ 11 luglio 2002.

15 “il contributo unificato sostituisce le imposte di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, idiritti di cancelleria, nonché i diritti di chiamata di causa dell’Ufficiale giudiziario” circolare n 1 del 26 febbraio 2002, Min. Giustizia, Dip. Aff. Giustizia e circolare 26 febbraio 2002, senza numero, del Consiglio di Stato,  la ratio della norma che introduce il contributounificato è quello di procedere al pagamento forfettizzato, cioè omnicomprensivo rispettoalle somme dovute a titolo di diritti e di imposta di bollo” circolare Min. Giustizia m_dg_DAG 18/07/2005.0001999.

16 versando l’importo del contributo di cui all’art. 13 in ragione del 50%. La parte che si avvaleva di tale facoltà effettuava apposita dichiarazione di valore.

17 Circolare n 1 del 26 febbraio 2002 Min. Giustizia e circolare 14 agosto 2002 n 70 dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso.

18 di cui alla tabella allegata alla legge 24 dicembre 1976 n 900, come sostituita dalla tabella A, allegata alla legge 6 aprile 1984 n 57, per come modificata dalle leggi n 89/99,525/96.