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giovedì 28 febbraio 2013

Benefici contributivi e fiscali Legge Fornero


Tra le novità introdotte dalla  Riforma del Lavoro (Legge 92/2012) vi sono le misure volte ad incentivare le assunzioni tra cui quelle delle donne.
Per queste, l’INPS riconosce degli sgravi sul costo del lavoro per le aziende che assumono anche con contratti a termine oltre che le assunzioni a tempo indeterminato, per donne di ogni età.
Per i contributi statali è necessario stipulare contratti a tempo indeterminato (ex novo o come trasformazione del determinato) entro il 31 marzo 2013.
Il beneficio per le imprese rappresentato dallo sconto sulla contribuzione INPS  è pari al 50% per i primi 12 o 18 mesi, a seconda dei casi.
Per ottenere i benefici in esame è necessario che le aziende effettuino assunzioni di donne aventi i i seguenti requisiti:
·         mancanza di impiego retribuito da almeno 6 mesi e residenza nelle Regioni ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali UE e nelle aree di cui all’art. 2, punto 18, lettera e) del Regolamento 800/2008 della Commissione Europea, individuate annualmente con decreto interministeriale (Lavoro ed Economia);
·         mancanza di impiego da almeno 24 mesi, indipendentemente dalla residenza.
Nel primo caso il limite massimo temporale per il godimento del beneficio fiscale è fissato a 12 mesi, nel secondo a 18 mesi.
Per i contratti a termine sono inoltre previsti incentivi per le assunzioni di giovani fino a 29 anni (uomini che non hanno compiuto 30 anni) e donne a tempo determinato, di importo decrescente in base alla durata del rapporto di lavoro:
·         3.000 euro per contratti di lavoro di durata non inferiore a 12 mesi e fino a 18 mesi;
·         4.000 euro se la durata del contratto supera i 18 mesi (ossia tra 19 mesi e 24 mesi);
·         6.000 euro per i contratti aventi durata superiore a 24 mesi.

sabato 23 febbraio 2013

Lavoro somministrato, conversione e indennità risarcitoria


Con la sentenza n. 1148 del 17.1.2013 la Corte ha ritenuto applicabile anche al lavoro interinale (e, di conseguenza, alla somministrazione di manodopera), il tetto massimo di risarcimento introdotto dal cd. “Collegato Lavoro” nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, tetto pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La disposizione esaminata dalla Corte è il comma 5 dell’art. 32 del Collegato Lavoro  (la legge n. 183/2010) che recita: "nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto”.
Si è posto il problema interpretativo di stabilire se la formula "casi di conversione del contratto a tempo determinato” riguardi esclusivamente i contratti a termine o anche i contratti di lavoro temporaneo a tempo determinato.
A tale questione, la giurisprudenza di merito (in particolar modo il Tribunale di Roma) ha dato soluzioni diverse, nessuna delle quali è stata prevalente.
La Suprema, nella pronuncia in esame, propende per una interpretazione estensiva della formula. Infatti evidenzia che la norma pone due condizioni: è necessario che il contratto sia di durata determinata e che si verifichi un fenomeno di conversione del rapporto di lavoro. Nel contratto interinale, sostiene la Corte, si verificano entrambe le condizioni: il contratto interinale è un contratto a termine (prima condizione), che può essere convertito dal giudice in contratto a tempo indeterminato (seconda condizione). Ne deriva che anche per tale tipologia contrattuale vale il tetto massimo di risarcimento pari a 12 mensilità.
Da ultimo, la Corte precisa che la questione non cambia se il vizio che determina la conversione sia contenuto non nel contratto di lavoro che stipula il dipendente ma nel contratto commerciale di fornitura di manodopera firmato dall'impresa utilizzatrice e dal somministratore.