Corte di
Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 aprile – 5 settembre 2012, n. 14905
Si ribadisce che il mancato pagamento delle
retribuzioni da parte del datore di lavoro, pur se motivate da grave crisi
economica, giustifica l’assenza dal lavoro e, pertanto, il rifiuto della
prestazioni lavorative da parte del dipendente. L’ipotesi viene ricondotta dalla
SC allo schema dell’eccezione di inadempimento. Ovviamente la valutazione del
caso concreto e della ricorrenza della proporzionalità è rimessa al Giudice.
Con specifico riguardo
alla eccezione di inadempimento, questa Corte (cfr. Cass. n. 6564/2004, cui
adde Cass. n. 6656/2005, Cass. n. 13969/2006) ha già affermato che nei
contratti con prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca a
giustificazione del proprio rifiuto di adempiere l'inadempimento o la mancata
offerta di adempiere dell'altra, il giudice deve procedere alla valutazione
comparativa dei comportamenti, tenendo conto non solo dell'elemento
cronologico, ma anche di quello logico, essendo necessario stabilire se vi sia
relazione causale ed adeguatezza, nel senso della proporzionalità rispetto alla
funzione economico-sociale del contratto, tra l'inadempimento dell'uno e il
precedente inadempimento dell'altro. Peraltro, il rifiuto di adempiere, come
reazione al primo inadempimento, oltre a non contrastare con i principi
generali della correttezza e della lealtà, deve risultare ragionevole e logico
in senso oggettivo, trovando concreta giustificazione nella gravità della
prestazione ineseguita, alla quale si correla la prestazione rifiutata.
7.- Questi principi di carattere generale trovano applicazione anche nell'ordinamento lavoristico, essendo il negozio che da vita al rapporto di lavoro subordinato un contratto sinallagmatico di scambio, e, in proposito, va richiamato l'ulteriore principio già enunciato in materia da questa Corte, secondo cui non costituisce giusta causa di licenziamento il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione quando esso sia motivato dall'inadempimento della controparte o dalla mancanza di una reale offerta di adempimento, salvo il limite della buona fede, con la conseguenza che non può considerarsi ingiustificato o contrario a buona fede il rifiuto di adempiere del lavoratore a fronte del mancato pagamento delle retribuzioni a causa delle difficoltà economiche in cui versa i datore di lavoro (cfr. ex plurimis Cass. n. 11181/2002).
7.- Questi principi di carattere generale trovano applicazione anche nell'ordinamento lavoristico, essendo il negozio che da vita al rapporto di lavoro subordinato un contratto sinallagmatico di scambio, e, in proposito, va richiamato l'ulteriore principio già enunciato in materia da questa Corte, secondo cui non costituisce giusta causa di licenziamento il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione quando esso sia motivato dall'inadempimento della controparte o dalla mancanza di una reale offerta di adempimento, salvo il limite della buona fede, con la conseguenza che non può considerarsi ingiustificato o contrario a buona fede il rifiuto di adempiere del lavoratore a fronte del mancato pagamento delle retribuzioni a causa delle difficoltà economiche in cui versa i datore di lavoro (cfr. ex plurimis Cass. n. 11181/2002).
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