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giovedì 3 maggio 2012

Licenziamento del lavoratore affetto da malattia


SEZIONE LAVORO
23 FEBBARIO 2012, N. 2720
LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO – OBIETTIVO.
Licenziamento del lavoratore affetto da malattia psichica transitoria - Pericolo di recidiva - Rilevanza per la sicurezza in azienda - Valutazione da parte del giudice dell’impugnativa - Necessità - Conseguenze.
Nel valutare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, intimato dal datore di lavoro per carenza di interesse alla prestazione di un lavoratore affetto da malattia psichica transitoria, ma esposta al pericolo di recidiva, il giudice deve accertare se il mantenimento del lavoratore nelle originarie mansioni sia compatibile con la sicurezza della struttura aziendale, del personale che vi si trova e dei terzi che vi accedono, nonché, in caso di esito negativo di tale verifica, se esistano presso l’azienda mansioni diverse che, nei limiti di legge, possano essere assegnate al lavoratore, onde conservargli il posto di lavoro; pertanto, è carente la motivazione della decisione di merito che escluda la sussistenza del giustificato motivo oggettivo unicamente sulla base della natura regredibile dell’infermità psichica del lavoratore.
In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, secondo Cassazione 15500/2009 non si realizza un’impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (artt. 1 e 3 della legge 604/1966 e artt. 1463 e 1464 cc) qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore, e dall’altro, l’adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall’interesse dello stesso lavoratore. Ne consegue che, nel caso in cui il lavoratore abbia manifestato, sia pur senza forme rituali, il suo consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore di lavoro è tenuto a giustificare l’eventuale recesso, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure tecniche per porsi in condizione di cooperare all’accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità, che vada oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge. L’onere della prova circa l’impossibilità di assegnare il lavoratore a mansioni diverse spetta al datore di lavoro, ma deve, in ogni caso, tenersi conto dei concreti aspetti della vicenda e delle allegazioni del dipendente attore in giudizio.

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