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sabato 18 maggio 2013

Ancora sul risarcimento del danno da usura psico-fisica: adunanza plenaria Consiglio di Stato del 19.4.13 n. 7

«Nell’ipotesi in cui il dipendente pubblico chieda in giudizio il risarcimento per danno da usura psicofisica, deducendo che tale danno sia stato provocato dal frequente mancato godimento del riposo settimanale, reiterato nell’arco di un notevole periodo complessivo di tempo, senza che egli abbia fruito di riposo compensativo ed ancorché abbia percepito le previste maggiorazioni retributive per lo svolgimento di attività lavorativa in giorno festivo, deve ritenersi soddisfatto dal ricorrente l’onere di allegazione concernente sia l’oggetto della domanda che le circostanze costituenti il fattobase su cui essa si fonda, sicché il giudice possa far ricorso alle presunzioni, basate sulle regole di esperienza, per ritenere provato il fattoconseguenza del pregiudizio subìto dall’istante.
L’attribuzione patrimoniale rivendicata da un dipendente pubblico per danno da usura psicofisica, derivante dalla perdita del riposo settimanale, ha natura risarcitoria e non retributiva, non consistendo in una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione da corrispondersi periodicamente e destinata a compensare l’eccedenza della prestazione lavorativa, bensì essendo diretta ad indennizzare ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. il lavoratore per il predetto danno correlato all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro; pertanto, essa si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., e non nel termine breve (quinquennale) di cui ai successivi artt. 2947, previsto per il risarcimento del danno aquiliano, e 2948, n. 4, previsto per i crediti».

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