Con sentenza n. 5241 del 2 aprile 2012, la Cassazione
ha ribadito che l’art. 3 del D.L.vo n. 368/2001 ha introdotto una quadruplice
serie di divieti all’apposizione del termine ai contratti di lavoro
subordinato, così rafforzando il peculiare disvalore che connota le assunzioni
a termine effettuate in violazione degli specifici divieti stabiliti a
protezione degli interessi intensamente qualificati sul piano costituzionale, e
limitando l’autonomia delle parti nella stipulazione del contratto a termine.
Il disvalore legislativo, sancito con il divieto a contrarre, viene, nella
specie in considerazione con riferimento al divieto all’apposizione del termine
“da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell’art. 4 del D.L.vo n. 626/1994, e successive modificazioni (art. 3,
lettera d, D.L.vo n. 368/2001). La specificità del precetto, alla stregua del
quale la valutazione dei rischi assurge a presupposto di legittimità del
contratto, trova la “ratio legis” nella
più intensa protezione dei rapporti di lavoro sorti mediante l’utilizzo di
contratti atipici, ove incidono aspetti peculiari quali la minor familiarità
del lavoratore e della lavoratrice sia con l’ambiente di lavoro, sia con gli
strumenti di lavoro a cagione della minore esperienza e della minore formazione,
unite alla minore professionalità e ad un’attenuata motivazione, come con
dovizia emerge dal rapporto OIL del 28 aprile 2010, “Rischi emergenti e nuove
forme di prevenzione in un mondo del lavoro che cambia”.
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