“Il patto di stabilità non si applica alle progressioni verticali (o concorsi interni), perché non costituiscono – ai fini finanziari – nuova assunzione di personale (ma solo modificazione di un rapporto di lavoro preesistente)”
Lo ha stabilito il Tar Sicilia, con sentenza n. 647 del 2011 (presidente Adamo, estensore La Greca).
La sentenza supera il precedente orientamento della Commissione speciale pubblico impiego del Consiglio di Stato, che, con parere n. 3556/2005, aveva invece chiarito che per “assunzione di personale” dovesse intendersi “oltre al reclutamento di nuovo personale da inserire in organico tramite concorsi pubblici aperti a tutti, anche il reclutamento, in una determinata area di inquadramento, di personale interno alla stessa amministrazione proveniente”.
Nulla invece cambia rispetto all’attuale indirizzo giurisprudenziale, che individua nelle progressioni verticali delle vere e proprie assunzioni di personale, seppure con riferimento ed ai fini del riparto di giurisdizione.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, già con sentenza n. 15403/2003, aveva incluso nel concetto di “procedure concorsuali per l’assunzione” anche i concorsi interni “per il passaggio ad un’area o fascia superiore”, così riconoscendo la sussistenza della giurisdizione amministrativa su tutte le questioni aventi ad oggetto concorsi pubblici implicanti tale passaggio.
Il Tar Sicilia distingue:
“Una cosa è considerare le progressioni verticali o concorsi interni ai fini del riparto di giurisdizione (che rimane amministrativa), altra cosa è la (non condivisa) parificazione della progressione (che si genera nell’ambito di un rapporto già preesistente) ad un nuovo reclutamento, ai fini del rispetto delle norme finanziarie”.
Dunque, da un lato è consentito equiparare le progressioni verticali ai concorsi pubblici (e, quindi, a nuove assunzioni), per attribuire le relative controversie alla giurisdizione amministrativa, dall’altro i concorsi interni vanno considerati semplice modifica del rapporto di lavoro preesistente, e dunque il divieto di assunzione stabilito da norme finanziarie non trova applicazione.
Gli enti locali potranno dunque procedere a progressioni verticali, , anche se non in regola con il patto di stabilità.
Riportiamo di seguito la parte motiva della sentenza.
(…)
“La ricorrente è una dipendente del Comune di Altofonte, inquadrata – al momento della proposizione del ricorso – alla cat. C4, ed ha partecipato alla procedura selettiva per la copertura, mediante selezione interna (o progressione verticale), di due posti di «specialista in attività amministrative», cat. D1 (…)
Successivamente, il Responsabile del Servizio finanziario ed il Collegio dei revisori dei conti del Comune di Altofonte hanno rappresentato al Sindaco ed al Direttore generale del medesimo Comune l’asserita necessità di disporre la sospensione della procedura concorsuale ovvero l’adozione di un provvedimento di autotutela, considerato che il medesimo Comune è risultato non in regola con il rispetto delle disposizioni in tema di patto di stabilità interno, siccome regolato dalla legge vigente ratione temporis, circostanza, questa, cui consegue il divieto di nuove assunzioni.
Sul punto, la Giunta ha ritenuto di far proprie siffatte valutazioni di ordine tecnico-finanziario e, con la deliberazione impugnata, ha disposto di non approvare gli atti della già conclusa procedura, invitando gli organi burocratici all’adozione dei conseguenti provvedimenti di autotutela, ciò che ha comportato un atto di arresto rispetto alla naturale conclusione dell’iter selettivo sulla base delle risultanze della selezione (…)
9. La questione di diritto da dirimere è se il divieto di assunzioni di cui alla l. n. 311 del 2004 e relativo agli enti non in regola con le norme sul patto di stabilità debba ritenersi esteso (anche) alla cd. progressione verticale o concorso interno, istituto, questo, al momento della emanazione della deliberazione impugnata, regolato da un assetto ordinamentale sensibilmente diverso da quello recato dall’odierno art. 24, comma 1, d. lgs. n. 150 del 2009, laddove quest’ultimo è strutturalmente delineato in termini di riserva nei concorsi pubblici (Tar Calabria, Reggio Calabria, 23 agosto 2010, n. 914).
Ad avviso del Collegio, alla luce della disposizione contrattuale di cui all’art. 4 C.C.N.L. 31.3.1999 e delle norme recate dal d. lgs. n. 165 del 2001, con particolare riferimento agli artt. 2, 35, 52, 63, nonché dall’art. 91 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (nel testo della corrispondente legislazione siciliana contenuto all’art. 2, comma 3, l.r. 7 settembre 1998, n. 23, di recepimento dell’art. 6, comma 12, della l. 15 maggio 1997, n. 127), le progressioni verticali, risolvendosi nel passaggio alla categoria immediatamente superiore del sistema di classificazione delle professionalità, costituiscono un mero sviluppo di carriera nell’ambito del rapporto di lavoro già incardinato con la pubblica amministrazione, con la conseguenza che, in assenza di una specifica contraria prescrizione legislativa, esse, ai fini della disciplina finanziaria, non integrano la fattispecie della «nuova assunzione» ivi prevista e, dunque, sfuggono al blocco dei reclutamenti.
Nè a diverse conclusioni potrebbe giungersi sulla base dell’approdo ermeneutico cui è pervenuta la Commissione speciale pubblico impiego del Consiglio di Stato – sez. III, con il parere n. 3556/2005, allorché, a seguito di una richiesta di parere del Ministero dell’economia e delle finanze, ha dato al quesito risposta positiva: in tale circostanza il pronunciamento ha riguardato procedure regolate da un Comparto di contrattazione – quello del personale non dirigenziale della predetta Amministrazione statale -, diverso da quello delle Regioni ed Autonomie locali, al quale appartiene l’Amministrazione intimata.
Il concorso interno o progressione verticale per cui è causa risulta qui regolato unicamente dalla fonte negoziale del tempo, ossia dal richiamato art. 4 del C.C.N.L. del Comparto Regioni-Autonomie locali del 31 marzo 1999, come confermato dall’art. 9 del C.C.N.L. del 5 ottobre 2001: ai sensi di tale disciplina, infatti, «[...] le procedure selettive per la progressione verticale [sono, n.d.e.] finalizzate al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore del nuovo sistema di classificazione [...]» (comma 1) e «il personale riclassificato nella categoria immediatamente superiore a seguito delle procedure selettive previste dal presente articolo, non è soggetto al periodo di prova» (comma 5).
Ed infatti, una cosa è considerare le progressioni verticali o concorsi interni (sulla fungibilità dei due concetti cfr. la «dichiarazione congiunta n. 1» in calce al C.C.N.L. del Comparto Regioni – Autonomie locali del 22 gennaio 2004), equiparate ai concorsi pubblici (questi sì finalizzati ad una nuova assunzione) ai fini del riparto di giurisdizione, altra cosa è la (non condivisa) parificazione della progressione (che si genera nell’ambito di un rapporto già preesistente) ad un nuovo reclutamento ai fini del rispetto delle norme finanziarie (quantunque nel caso di specie la giurisdizione del g.a. si fonda sulla natura di atto di organizzazione per ragioni di finanza pubblica dell’impugnata deliberazione della Giunta comunale).
Una tale lettura, estensiva, delle norme finanziarie della l. n. 311/2004, a base del provvedimento impugnato, seppure astrattamente non irragionevole, ad avviso del collegio non poteva spingersi – sempre ratione temporis e dal punto di vista ermeneutico – fino all’assimilazione della progressione, espressione di un rapporto di lavoro già instaurato, con la diversa fattispecie cui, come detto, dà luogo una nuova assunzione in senso stretto.
Sul punto, l’assunto secondo cui nell’ambito del Comparto di contrattazione proprio del personale comunale la progressione verticale non costituisce una nuova assunzione è, peraltro, assistito, ad avviso del Collegio, da alcuni indici rivelatori della differenza tra i due istituti, allorché le disposizioni contrattuali di riferimento precisano, ad esempio, che:
a) in caso di nuova assunzione è necessario che l’unità di personale reclutata sia sottoposta al periodo di prova, ciò che è escluso in ipotesi di progressione (cfr. art. 4, comma 5, C.C.N.L. 31.3.1999, cit.);
b) in caso di progressione verticale nel sistema di classificazione, invece, non deve essere stipulato un nuovo contratto individuale: l’ente deve limitarsi a comunicare al dipendente il nuovo inquadramento ai sensi del citato art. 12, comma 1, del CCNL del 31.3.1999;
c) è consentita l’erogazione della retribuzione individuale di anzianità (cd. R.I.A.) al personale dipendente dello stesso ente transitato nella categoria superiore per effetto di selezioni interne ai sensi dell’art. 4, del CCNL del 31.3.1999 (cfr. Aran, n. 104-Va7).
L’impostazione data dall’Amministrazione, la quale ha optato per una lettura, come detto, estensiva del divieto di assunzioni, a maggior ragione non resiste alla censura qui in esame, con riguardo alle circostanze di fatto, considerato che, come emerge dagli atti di causa, si è nella specie verificata quella particolare circostanza che vede, in linea generale, la previsione di una retribuzione di provenienza superiore, in termini di valore assoluto, rispetto a quella iniziale propria della categoria di destinazione (si veda il rapporto tra le retribuzioni proprie delle categorie C4 e D1 al momento della procedura concorsuale), tale, peraltro, da rendere possibile il riconoscimento – contrattuale – di un assegno ad personam finalizzato a colmare temporaneamente tale differenza fino al successivo riassorbimento a seguito di progressione economica nella nuova categoria (art. 9 C.C.N.L. 9 maggio 2006).
Ciò detto, e per concludere, sempre in relazione alle previsioni della l. n. 311 del 2004, va ricordato che si trattava di una legge finanziaria, dunque inidonea a consentire una approccio interpretativo tale da sconfinare dal mero ambito della finanza pubblica ed incidere sulla natura giuridica di istituti, quali la cd. progressione verticale, strettamente inerenti alla gestione del rapporto di lavoro, che trovano altrove la loro sedes materiae.
Ed infatti, nonostante la ricorrente prassi parlamentare in senso contrario, la legge 5 agosto 1978, n. 468, di riforma della contabilità generale dello Stato in materia di bilancio, impedisce alla legge finanziaria di contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, dovendo essa contenere «esclusivamente» norme tese a «realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale».
Pertanto, una norma della legge finanziaria che intendesse fornire – peraltro in via del tutto incidentale e meramente giustificativa e non precettiva – una seppur tacita nuova qualificazione all’istituto anche di natura interpretativa od ordinamentale, potrebbe far sorgere dubbi di costituzionalità.
Ciò comporta l’irrilevanza dell’invocata disposizione della legge finanziaria, che sta alla base del provvedimento impugnato nella specifica lettura datane dal Comune di Altofonte, atteso che tra due possibili interpretazioni della norma, va privilegiata – per costante insegnamento anzitutto della Corte Costituzionale – quella per cui la stessa risulta più conforme ai principi.
10. Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbita ogni altra questione poiché ininfluente o irrilevante ai fini della presente decisione, il ricorso, poiché fondato, va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
11. La peculiarità e novità della fattispecie esaminata si configurano come circostanze che, in via d’eccezione, consentono al Collegio di dichiarare irripetibili nei confronti delle parti non costituite le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, nella stessa epigrafe indicato.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:
Calogero Adamo, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere
Giuseppe La Greca, Referendario, Estensore
Depositata in segreteria l’1 aprile 2011″
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