L'obbligo di
indicare le ragioni giustificatrici per il ricorso al contratto a tempo
determinato viene meno del tutto, introducendo in via
generale, a partire dal 21 marzo scorso, il contratto c.d. acausale,
non più, quindi, limitato al primo rapporto. In particolare, in base alle nuove
disposizioni, è ora possibile stipulare un contratto a termine di durata
non superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, per lo svolgimento
di qualsiasi mansione nel rispetto del 20% dell’organico complessivo; tale
limite quantitativo può essere modificato dalla contrattazione collettiva,
mentre per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti, è
sempre possibile ricorrere a tale tipologia contrattuale (si ricorda, inoltre,
che sono esenti da limitazioni quantitative, i contratti a termine per le
aziende nella fase di avvio di nuova attività, i contratti legati alla
stagionalità ed alle ragioni sostitutive, quelli per gli “over 55” e per gli
spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi, secondo quanto prevede
l’art. 10, 7° comma D.Lgs. n. 368/2001).
L’acausalità è poi estesa
anche alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Ancora, nella novellata disciplina, il numero delle proroghe ammesse
cresce sino ad un massimo di 8 nell’arco di 36 mesi, a condizione che
si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è
stato inizialmente stipulato. Il decreto non modifica invece la disciplina dei
rinnovi. Pertanto, una volta finito un contratto a termine, è possibile
stipularne un altro, a condizione che sia rispettato un intervallo minimo (cd.
stop and go) di 10 o 20 giorni tra il vecchio e il nuovo contratto e che la
somma di tutti i periodi di lavoro a termine non superi comunque il periodo
massimo di 36 mesi.
Passando all’apprendistato, il Jobs act prevede il ricorso alla forma
scritta per il solo contratto e patto di prova (e non, come
attualmente previsto, anche per il relativo piano formativo individuale) e l’eliminazione delle
vigenti previsioni secondo cui l’assunzione di nuovi apprendisti era
necessariamente condizionata alla conferma in servizio di precedenti
apprendisti al termine del percorso formativo. Inoltre, fatta salva
l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente
formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma
professionale, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che
tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di
formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo. Per il
datore di lavoro viene, infine, eliminato l’obbligo di
integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con
l’offerta formativa pubblica che diventa, quindi, un elemento discrezionale.
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