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martedì 15 aprile 2014

RIFORMA RENZI IN PILLOLE: CONTRATTI A TERMINE E APPRENDISTATO

L'obbligo di indicare le ragioni giustificatrici per il ricorso al contratto a tempo determinato viene meno del tutto, introducendo in via generale, a partire dal 21 marzo scorso, il contratto c.d. acausale, non più, quindi, limitato al primo rapporto. In particolare, in base alle nuove disposizioni, è ora possibile stipulare un contratto a termine di durata non superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, per lo svolgimento di qualsiasi mansione nel rispetto del 20% dell’organico complessivo; tale limite quantitativo può essere modificato dalla contrattazione collettiva, mentre per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti, è sempre possibile ricorrere a tale tipologia contrattuale (si ricorda, inoltre, che sono esenti da limitazioni quantitative, i contratti a termine per le aziende nella fase di avvio di nuova attività, i contratti legati alla stagionalità ed alle ragioni sostitutive, quelli per gli “over 55” e per gli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi, secondo quanto prevede l’art. 10, 7° comma D.Lgs. n. 368/2001).
L’acausalità è poi estesa anche alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Ancora, nella novellata disciplina, il numero delle proroghe ammesse cresce sino ad un massimo di 8 nell’arco di 36 mesi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato. Il decreto non modifica invece la disciplina dei rinnovi. Pertanto, una volta finito un contratto a termine, è possibile stipularne un altro, a condizione che sia rispettato un intervallo minimo (cd. stop and go) di 10 o 20 giorni tra il vecchio e il nuovo contratto e che la somma di tutti i periodi di lavoro a termine non superi comunque il periodo massimo di 36 mesi.


Passando all’apprendistato, il Jobs act prevede il ricorso alla forma scritta per il solo contratto e patto di prova (e non, come attualmente previsto, anche per il relativo piano formativo individuale) e l’eliminazione delle vigenti previsioni secondo cui l’assunzione di nuovi apprendisti era necessariamente condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti al termine del percorso formativo. Inoltre, fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo. Per il datore di lavoro viene, infine, eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica che diventa, quindi, un elemento discrezionale.

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