Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 12.06.2013 n°
14758
Ricorre l'ipotesi dello scarso rendimento qualora sia
risultato provata sulla scorta della valutazione complessiva dell'attività resa
dal lavoratore ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una
evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed a
lui imputabile - in conseguenza dell'enorme sproporzione tra gli obiettivi
fissati dai programmi di produzione dei lavoratori e quanto effettivamente
realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei
risultanti dati globali riferito ad una media di attività fra i vari dipendenti
ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione
(cfr., fra le altre, Cass. 22 febbraio 2006 n. 3876; Cass. 22 gennaio 2009 n.
1632).
In queste ipotesi, la continuazione del rapporto si risolve
in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a
tal fine, l'influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il
comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il
contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura
correttezza dell'adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare
diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai
canoni di buona fede e correttezza.
La gravità dell'inadempimento deve essere valutata nel
rispetto della regola generale della "non scarsa importanza" di cui
all'art. 1455 c.c., sicchè l'irrogazione della massima sanzione disciplinare
risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali.
Inoltre va assegnato rilievo all'intensità dell'elemento
intenzionale, alle modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello
stesso e alla tipologia del rapporto medesimo.
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