La Corte Costituzione, con la sentenza n. 107/2013, depositata il 29 maggio 2013, interviene nuovamente sul tema della specificazione delle ragioni sostitutive poste a base di contratti a termine e sulla necessità o meno di indicazione analitica dei lavoratori sostituiti.
Come noto la questione è al centro di un nutritissimo contenzioso che riguarda soprattutto Poste Italiane e le autostrade (Autostrade Meridionali e Tangenziale di Napoli per il foro napoletano).
Da più parti si è osservato, a mio avviso giustamente, che la complessiva posizione assunta dalla Giurisprudenza sia eccessivamente ed immotivatamente di favore per le grandi aziende, per le quali vengono tollerati criteri ben più elastici rispetto a quelli rigorosamente applicati nel caso di imprese di medie o piccole dimensioni.
La Consulta tenta (senza riuscirci) di dissipare i sospetti, legittimando la possibilità per tali aziende di ovviare alla indicazione dei lavoratori sostituti ricorrendo ad altri criteri, elencati in maniera generica.
Ovviamente, come noto, il tutto va inquadrato tenendo conto dell'evoluzione della normativa tra la 230/62 e la 368/2001 che è oggetto della verifica della Consulta.
L'intera sentenza a questo link.
Le parole della Corte, nel passaggio a mio avviso di maggiore concretezza, sono le seguenti:
Il
legislatore, prescrivendo l’onere di specificazione delle ragioni sostitutive
per poter assumere lavoratori a tempo determinato, ha imposto una regola di
trasparenza. Ha precisato, cioè, che occorre dare giustificazione della
sostituzione del personale assente con diritto alla conservazione del posto con
una chiara indicazione della causa.
In tale prospettiva, il criterio della identificazione nominativa del personale
sostituito è da ritenere certamente il più semplice e idoneo a soddisfare
l’esigenza di una nitida individuazione della ragione sostitutiva, ma non
l’unico.
Non si può escludere, infatti, la legittimità di criteri alternativi di
specificazione, sempreché essi siano rigorosamente adeguati allo stesso fine e
saldamente ancorati a dati di fatto oggettivi. E così, anche quando ci si trovi
– come ha rilevato la Corte di cassazione – di fronte ad ipotesi di supplenza
più complesse, nelle quali l’indicazione preventiva del lavoratore sostituito
non sia praticabile per la notevole dimensione dell’azienda o per l’elevato
numero degli avvicendamenti, la trasparenza della scelta dev’essere, nondimeno,
scrupolosamente garantita. In altre parole, si deve assicurare in ogni modo che
la causa della sostituzione di personale sia effettiva, immutabile nel corso
del rapporto e verificabile, ove revocata in dubbio.
La giurisprudenza di legittimità, muovendo da tale assunto, ha preso solo atto
della «illimitata casistica che offre la realtà concreta delle fattispecie aziendali»
e ne ha desunto la necessità di tenere conto delle peculiarità dei molteplici
contesti organizzativi ai fini dell’assolvimento dell’onere del datore di
lavoro di specificare le esigenze sostitutive nel contratto di lavoro a tempo
determinato. In conseguenza, l’apposizione del termine per “ragioni
sostitutive” è stata ritenuta legittima anche quando, avuto riguardo alla
complessità di certe situazioni aziendali, l’enunciazione dell’esigenza di
sopperire all’assenza momentanea di lavoratori a tempo indeterminato sia
accompagnata dall’indicazione, in luogo del nominativo, di elementi differenti,
quali l’ambito territoriale dell’assunzione, il luogo della prestazione
lavorativa, le mansioni e il diritto alla conservazione del posto dei
dipendenti da sostituire, che permettano ugualmente di verificare l’effettiva
sussistenza e di determinare il numero di questi ultimi (ex plurimis,
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze n. 1576 e n. 1577 del 2010,
cit.).
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