Occorre premettere una breve disanima della disciplina generale in tema di contribuzione sindacale con particolare riguardo alla trattenuta dei contributi ad opera del datore di lavoro.
A seguito di referendum (recepito con DPR 313/95) il datore di lavoro non è più obbligato per legge a trattenere, su delega del lavoratore, i contributi sindacali direttamente dalla busta paga ed a versarli all'associazione designata dal lavoratore.
La disciplina attuale della riscossione dei contributi sindacali dipende, quindi, dalla previsione del contratto collettivo di riferimento.
- se il CCNL contiene un semplice rinvio alla disciplina legale sulla trattenuta dei contributi sindacali, la norma contrattuale è priva di efficacia operativa;
- se, come avviene nella maggior parte dei casi, il CCNL disciplina i sistemi di versamento dei contributi, il datore di lavoro deve seguire le regole dettate dallo stesso, dal momento che un comportamento difforme costituisce condotta antisindacale.
Normalmente i CCNL nulla dicono in ordine alla contribuzione delle OOSS non stipulanti, vale a dire non firmatarie del CCNL medesimo.
Non sfuggirà l’importanza della distinzione, quindi, tra OOSS firmatarie e non firmatarie.
Non rinvenendo quindi le OOSS non firmatarie il fondamento dell’obbligo datoriale di trattenuta e versamento a fronte di delega espressa dalla norma contrattuale, occorrerà verificare se ricorre altra fonte di obbligo per il datore di lavoro.
Sintetizzando al massimo la problematica, posso concludere nel senso che non vi è alcuna disposizione specifica che obblighi il datore di lavoro ad effettuare le trattenute destinate a OOSS non firmatarie.
La giurisprudenza, pertanto, superando un precedente contrasto, ritiene che il lavoratore possa richiedere al datore di lavoro di trattenere sulla retribuzione i contributi da accreditare al sindacato attraverso l'istituto della cessione del credito (che non richiede in via generale il consenso del datore di lavoro: art. 1260 c.c.), salvo che il datore di lavoro non provi che la cessione comporta in concreto a suo carico un onere aggiuntivo insostenibile in rapporto alla sua organizzazione aziendale (Cass. 14 marzo 2007 n. 5917).
Le OOSS non firmatarie, pertanto, sono costrette a fare richiamo e applicazione del generale istituto della cessione del credito.
Ricondotta in tale alveo la problematica, il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di effettuare la trattenuta e di versare la quota al sindacato designato è considerato, da questa giurisprudenza, oltre che un illecito civilistico (presupposto per l’azione di ripetizione), una condotta antisindacale in quanto pregiudica sia i diritti individuali dei lavoratori di scegliere liberamente il sindacato cui aderire, sia il diritto del sindacato stesso di acquisire dai propri aderenti i mezzi di finanziamento necessari allo svolgimento della sua attività (Cass. SU 21 dicembre 2005 n. 28269).
Quindi, in tal modo la distinzione formale e di fondo tra OOSS firmatarie e non viene di fatto ad essere teoricamente aggirata. Dico teoricamente in quanto, a differenze delle OOSS firmatarie, quelle non firmatarie dovranno fare i conti con la disciplina della cessione dei crediti, in generale, e con quella specifica della cessione dei crediti di lavoro.
La Giurisprudenza ha infatti anche evidenziato in taluni casi che: “Il rifiuto del datore di lavoro di operare la trattenuta mensile nei confronti del dipendente, il quale abbia fatto richiesta di versamento della quota associativa ad un'organizzazione sindacale non firmataria del contratto collettivo, è da considerarsi antisindacale soltanto fino al 31 dicembre 2004, poiché il regime normativo di cui al novellato art. 1, d.P.R. n. 180/1950, in vigore dall'1 gennaio 2005, esclude la possibilità di cedere i crediti retributivi e pensionistici al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge” (Tribunale Torino del 04 dicembre 2006).
Per il resto ritorniamo quindi alla problematica delle cessioni stipendiali che ci occupano normalmente in tema di finanziarie.
I punti di maggiore interesse sono quindi i medesimi, punti che riassumo appresso richiamando specifiche pronunce:
“Non sussiste alcuna legittimazione ad agire per il cessionario senza la prova della cessione del credito. La natura consensuale di tale contratto, infatti, comporta che il credito si trasferisca dal patrimonio del cedente a quello del cessionario per effetto dell'accordo, mentre l'efficacia e la legittimazione del cessionario a pretendere la prestazione dal debitore conseguono alla notifica o all'accettazione del contraente ceduto” (Cassazione civile sez. III 16 novembre 2010, n. 23093).
“La sussistenza dei requisiti di efficacia della cessione dei credito nei riguardi del debitore ceduto rientra tra i fatti costitutivi della domanda proposta dal cessionario contro lo stesso debitore, onde deve essere accertata dal giudice indipendentemente dall'eccezione del convenuto, che può limitarsi a contestare genericamente la sussistenza di tale efficacia. L'inefficacia della cessione del credito, in altri termini, non costituisce un'eccezione in senso proprio del debitore ceduto ma semplicemente la negazione di un fatto costitutivo” (Tribunale Novara 20 settembre 2010, n. 859).
“La notificazione al debitore ceduto, previsto dall'art. 1264 c.c. quale presupposto per il perfezionamento della cessione del credito non si identifica con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, ma può realizzarsi con un atto a forma libera, purché idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio.” (Cassazione civile sez. III, 05 febbraio 2008, n. 2665).
Quindi, il sindacato sarà costretto a dimostrare che v’è stata la cessione (delega) e che tale cessione era a conoscenza del datore di lavoro.
Dott.ssa Esposito, Le volevo gentilmente chiedere se è ipotizzabile per il datore di lavoro addebitare in busta paga ai propri dipendenti le spese che l'azienda sostiene per operare le trattenute sindacali.
RispondiEliminaLa ringrazio.
CdL Simona Pompili
Mi scuso... Gent.mo Avv. Esposito
RispondiElimina