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sabato 2 agosto 2014

CASO SCHETTINO: CONFERMATA DALLE SS.UU. DELLA CASSAZIONE L'ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA - DOTT. ROCCO

Così si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 17443, depositata il 31 luglio 2014.
La vicenda nasce dal ricorso dinanzi al Tribunale di Genova in funzione di Giudice del Lavoro promosso in data 18/10/2012 dalla Costa per accertare e dichiarare la legittimità del licenziamento intimato per giusta causa a Schettino. Quest'ultimo si costituiva chiedendo in via riconvenzionale che il licenziamento fosse dichiarato illegittimo.
Nel contempo, in data 26/11/2012, il comandante depositava ricorso ex art. 1 commi 48 e ss. l. n. 92/2012 dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata per chiedere nuovamente che il licenziamento fosse dichiarato illegittimo e/o nullo e/o annullabile e/o inefficace e/o illegittimo in quanto intimato senza giusta causa, né giustificato motivo.
La compagnia si costituiva in tale secondo procedimento eccependo la litispendenza rispetto a quello già pendente dinanzi al Tribunale di Genova.
Il Tribunale di Torre Annunziata, dott. Rocco, dichiarava in effetti la litispendenza ex art. 39, comma 1, c.p.c. e avverso il provvedimento il comandante proponeva ricorso per regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., ritenendo sussistente la competenza del Tribunale di Torre Annunziata a giudicare nella fase sommaria del rito introdotto con ricorso ex l. n. 92/2012.

La questione veniva poi rimessa alle Sezioni Unite vertendosi su questioni di particolare importanza.

Ecco le parti a mio avviso più rilevanti della decisione, anche se le questioni pregiudiziali alla decisione sulla litispendenza, vale a dire l'ammissibilità della riconvenzionale da parte datoriale, sono state ritenute inammissibili e, quindi, alla fine il giudicato si è risolto sull'esame della sola litispendenza che, tutto sommato, non poneva profili di particolare problematicità..

Nel rito Fornero di cui ai commi 47 e segg. dell'art. 1 della legge n. 92 del 2012 il giudizio a cognizione piena è soltanto eventuale ed è attivabile con l'opposizione (cfr. comma 51 del citato art. 1), per cui se questa non viene proposta l'ordinanza conclusiva della fase sommaria è idonea a passare in giudicato. Con la conseguenza che è necessario che il giudice della fase sommaria del procedimento di cui al comma 48 dell'art. 1, ammetta ed esamini la questione di rito (nel caso di specie la litispendenza) e decida sulla stessa. Solo così, infatti, è possibile evitare un possibile conflitto di giudicati sulla stessa questione, nel pieno rispetto dei principi (posti alla base della disciplina prevista dall'art. 39 cod. proc. civ.) di unitarietà della giurisdizione e di economia processuale. Né, come correttamente osservato nell'ordinanza impugnata, può condividersi la soluzione, pure prospettata, secondo cui, ove venga sollevata una questione di litispendenza (o continenza), il giudice della fase sommaria deve provvedere alla immediata conversione del rito sommario (ex comma 48) nel rito ordinario a cognizione piena. Tale soluzione non trova alcun riscontro nella disciplina del rito Fornero e si pone in contrasto col meccanismo processuale previsto dal legislatore, che ha configurato, infatti, la fase sommaria nelle cause aventi ad oggetto l'impugnativa del licenziamento (nelle ipotesi comprese nell'ambito di applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970) come un passaggio processuale diretto a favorire una rapida definizione della causa.

Sotto altro profilo non può dubitarsi dell'ammissibilità del regolamento di competenza in relazione ad una ordinanza (che ha dichiarato la litispendenza) emessa nella fase sommaria del rito Fornero. Le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione (Cass. S.U. 9 luglio 2009 n. 16091; Cass. S.U. 29 luglio 2013 n. 18189) nell'affermare l'inammissibilità della la proposizione del regolamento di competenza in materia di procedimenti cautelari, (anche nell'ipotesi di duplice declaratoria d'incompetenza formulata in sede di giudizio di reclamo), hanno motivato tale decisione facendo leva sulla natura giuridica di un provvedimento declinatorio della competenza in sede cautelare, che, in quanto caratterizzato dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata, non può essere oggetto di una procedura di regolamento atteso che l'eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall'art. 47 cod. proc. civ., sarebbe priva del requisito della definitività. Nel caso del procedimento ai sensi dei commi 48 e segg. dell'art. 1 della legge Fornero una pronuncia sulla litispendenza emessa nella fase sommaria è dotata di stabilità e pertanto, non sussistendo le ragioni individuate dalle Sezioni Unite per negare l'ammissibilità del regolamento di competenza nel caso dei procedimenti cautelari, il regolamento di competenza deve ritenersi ammissibile. Del resto Cass. 16 giugno 2000 n. 8213 ha ritenuto l'ammissibilità del regolamento di competenza (nel caso di specie richiesto d'ufficio) in tema di procedimento ex art. 28 della legge n. 300 del 1970 in tema di repressione della condotta antisindacale (procedimento che per molti versi presenta importanti analogie con quello previsto dalla legge Fornero) motivando sul fatto che esso non ha natura cautelare e si conclude con un decreto che chiude la fase sommaria e che, in difetto di opposizione, produce effetti sostanziali di carattere definitivo.

Peccato che, per motivi procedurali ampiamente illustrati, la Suprema Corte non affronti i temi posti a fondamento del ricorso di Schettino su punti importanti per l'ordinato sviluppo dei processi pendenti quali, in primo luogo, l'ammissibilità e la disciplina processuale della domanda riconvenzionale di accertamento negativo proposta dal datore di lavoro.

Riportiamo il punto di interesse:

Dal principio affermato sub 20., secondo cui il regolamento di competenza ha per oggetto unicamente il provvedimento impugnato per cui non sono ammissibili censure concernenti la causa pendente dinanzi al giudice preventivamente adito deriva che, pur nella sussistenza di una situazione nella quale la litispendenza sia stata dichiarata con riferimento ad un processo promosso con il rito della legge Fornero da parte del datore di lavoro, non è consentito a questa Corte di legittimità di esaminare, in sede di regolamento di competenza, profili di ammissibilità del ricorso attinenti al giudizio dinanzi al giudice preventivamente adito, a tal fine essendo rilevante unicamente il dato formale costituito dalla pendenza di un procedimento giurisdizionale presso altro giudice. Non è pertanto possibile esaminare le questioni sottoposte a queste Sezioni Unite come questioni di particolare importanza, atteso che le stesse sono tutte relative al procedimento pendente dinanzi al Tribunale di Genova. Le censure che sollevano le suddette questioni nel presente giudizio per regolamento di competenza devono essere pertanto dichiarate inammissibili.

Riportiamo anche gli aspetti controversi che Schettino chiedeva alla Corte di delibare.

che il datore di lavoro difetta di interesse ad agire in mero accertamento (art. 100 cod. proc. civ.), poiché agendo in prevenzione impedisce che il lavoratore incorra nella decadenza; che la struttura del rito sommario non sembra consentire la proponibilità della domanda riconvenzionale; nella specie il giudice adito avrebbe sostanzialmente "creato" una nuova fase, non prevista dal rito, concedendo un termine alla società ricorrente per replicare alla domanda riconvenzionale e facendo slittare l'udienza, invece finalizzata ad un rapido esame della fattispecie; che l'azione promossa dal datore di lavoro, sia prima che dopo l'impugnativa del licenziamento da parte del lavoratore, non ha per oggetto detta impugnativa e non potrebbe neppure riguardare l'applicazione dell'art. 18 legge n. 300 del 1970 Stat. lav.; il petitum, infatti, non potrebbe che essere relativo alla legittimità del recesso nei suoi termini sostanziali e, ove non si ammettesse la speculare domanda riconvenzionale del lavoratore, riguarderebbe esclusivamente una pronuncia interpretativa di una norma diversa dall'art. 18 cit.